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Scritto da Redazione
Cronaca
30 Maggio 2025

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Nel corso dell'ultima seduta della Commissione Progetto Donna- Centro per le Pari Opportunità del Comune di Carrara è stata affrontata nuovamente la mattanza dei femminicidi che non vede soluzione di continuità. "Il femminicidio di una ragazza di appena 14 anni è una ferita aperta che lacera la coscienza collettiva. È un crimine che parla con ferocia della realtà che viviamo: la violenza contro le donne continua a colpire, anche quando le vittime sono giovanissime, anche quando gli autori sono a loro volta giovani. Non c'è età che protegga dal femminicidio, così come non c'è età che scusi chi lo commette. Ogni donna uccisa è una vita strappata, un diritto negato, un fallimento sociale. Che la vittima abbia 14, 24 o 84 anni, non cambia il cuore del problema: è stata uccisa perché donna, perché vista come un oggetto, una proprietà, un'entità da controllare, punire o zittire. La giovane età rende ancora più atroce la violenza, ma non cambia la responsabilità: la colpa è sempre e solo dell'uomo che ha scelto di uccidere. Sempre più spesso, purtroppo, anche giovani uomini sono autori di violenza. Ragazzi che crescono in un contesto in cui il possesso viene scambiato per amore, il controllo per protezione, la rabbia per passione. Non è un caso, ma il risultato di una cultura patriarcale ancora viva, che si trasmette nei gesti, nel linguaggio, nei modelli che la società propone, anche ai più giovani. Uomini adulti, uomini giovani: nessuno può nascondersi dietro l'età o l'inesperienza. La violenza è una scelta. Nessuna gelosia, delusione o "rabbia giovanile" può giustificare un omicidio. Non si può continuare a cercare spiegazioni nelle condotte della vittima, nei suoi comportamenti, nei suoi abiti, nei suoi messaggi o nelle sue frequentazioni. L'unico fatto che conta è che un uomo ha ucciso una ragazza. Ed è questo che deve restare al centro. Serve una presa di coscienza culturale immediata. Serve che si inizi a educare i ragazzi – già dalle scuole – al rispetto, al consenso, all'empatia. Serve che i media smettano di raccontare i femminicidi come "delitti passionali" o "raptus". Serve che la giustizia non cada nella tentazione di attenuare le colpe in base all'età dell'assassino o alle sue "emozioni".
 
Questo femminicidio non è solo una tragedia individuale. È il sintomo di una malattia collettiva: la normalizzazione della violenza maschile contro le donne. Una normalizzazione che, se non viene interrotta oggi, continuerà a fare vittime domani.
 
La responsabilità è di chi uccide, non di chi viene ucciso. Dobbiamo dirlo chiaramente, sempre. Anche – e soprattutto – quando chi uccide è giovane, perché è da lì che possiamo spezzare la catena della violenza." 
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