Non sorprende l'impugnativa da parte del Governo dell'ultima legge regionale toscana in materia di lapideo, la numero 52 del 2025, che stabilisce l'obbligo di lavorazione in loco anche per la parte di cava che non è agro marmifero. Un obbligo che entrerà in vigore alla scadenza della concessione, quindi un periodo che supera i 15 anni, e che uniformerà ai dettami della legge 35/2015 anche le parti relative ai cosiddetti beni estimati nelle cave miste.Il governo nazionale si schiera dunque a difesa di privilegi che affondano le radici in un lontanissimo passato, senza far nulla per superarli e che permettono a chi ha percentuali di beni estimati predominanti una rendita. Un vantaggio che oltre a determinare un minor gettito per la collettività, causa una oggettiva discrepanza sul mercato dei materiali lapidei. Nelle intenzioni del governo Meloni non c'è quindi nessuna volontà di difendere il libero mercato o di tutelare le imprese, né tantomeno quella di favorire i lavoratori del marmo come invece hanno semplicisticamente provato a sostenere i rappresentanti locali della destra. Inoltre, l'impugnativa non ha nessun riferimento alla filiera corta che resta un impegno che le aziende hanno assunto al momento della sottoscrizione delle convenzioni per avere, senza gare, la proroga delle concessioni. Un impegno che sappiamo essere difficile, ma che resta la base sul quale è stato costruito l'impianto normativo nel 2015 figlio di una lunga concertazione a cui hanno contribuito tutte le parti. Come frutto di concertazione, confronto e discussione, convegni e dibattiti, audizioni e ascolto è stata la proposta del nostro capogruppo in consiglio regionale, Vincenzo Ceccarelli, durante l'ultima seduta della passata legislatura.
Legge regionale sul marmo: il governo si schiera in difesa dei privilegi secondo i consiglieri e la segreteria del Pd di Carrara
Scritto da Redazione
Politica
23 Ottobre 2025
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