Le associazioni di sinistra massesi fanno quadrato a difendere Francesca Albanese da quelli che, loro, considerano attacchi fascisti operati dal governo per limitare la libertà di pensiero e la libertà di studio. A far gridare allo scandalo le associazioni di sinistra di Massa è la decisione di inviare ispettori nelle scuole, compreso l'istituto comprensivo Massa 6, che hanno messo in programma un incontro con la relatrice pro Palestina, senza offrire agli studenti la possibilità di ascoltare anche una versione meno schierata e faziosa dei fatti, come notoriamente è quella dell'Albanese e di cui la relatrice Onu non ha mai fatto mistero. Le confermate relazioni amichevoli della Albanese con alcuni rappresentanti dei terroristi di Hamas, i suoi comportamenti pubblici che da mesi hanno creato dubbi e imbarazzo anche nella stessa sinistra, come la sua avversione verso la senatrice Liliana Segre in quanto ebrea - sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti -, l'inopportuna minaccia rivolta ai giornalisti con il suo consiglio a considerare un 'monito' il vergognoso atto vandalico fatto dai propal al quotidiano Il Tempo, che sostanzialmente poteva essere interpretato come: "O scrivete come vogliamo noi o questa è la fine che vi spetta", in merito al quale ha fatto diverse marce indietro con le solite toppe peggiori del buco, e una lunghissima serie di atteggiamenti e esternazioni - come l'insistente, infondata e gravissima accusa all'attuale governo di essere responsabile del genocidio di Gaza - con le quali si è classificata, sulla attuale scena politica, come personaggio, quanto meno, molto discutibile, giustificano pienamente il dubbio che permettere a questa persona di interagire con gli studenti risulti un'operazione di puro indottrinamento politico estremamente fazioso e scorretto, sul quale sia lecito almeno fare delle verifiche, proprio per garantire ai ragazzi vera libertà di formarsi un'opinione avendo tutte le versioni. Ma secondo le associazioni di sinistra di Massa, che non lesinano neppure le minacce - Albanese docet - tipo "VOI MANDATE GLI ISPETTORI CONTRO LE/I DOCENTI? VENIAMO NOI A ISPEZIONARE VOI!" che il presidio pernamente Pro palestina massese ha messo a titolo del suo comunicato- l'attacco alla libertà di formarsi le proprie idee lo sta commendo chi chiede, non di impedire alla Albanese di parlare nelle scuole, ma di garantire ai ragazzi un contraddittorio. Il contraddittorio: un principio fondante della democrazia che non vale solo quando fa comodo. Vale sempre. Vale per tutti. Altrimenti ci si può tingere di arcobaleno e vestire con la bandiera di qualunque stato, vero o inesistente, all'infuori del proprio, e si può spaccare tutto blaterando di democrazia, ma di fatto si è solo una dittatura. Del tipo peggiore e più pericoloso: quella che fa credere ai suoi sostenitori di essere la vera forma di libertà, sfruttando la loro ignoranza, il loro asservimento e la loro incapacità cronica di ragionare col proprio cervello.
Così associazione Mycelium Massa:
L'incontro della relatrice ONU Francesca Albanese con studenti di Pisa e Massa Carrara ha rapidamente suscitato un caso nazionale che va ben oltre le aule scolastiche. Quella che doveva essere una lezione di educazione civica, con l'obiettivo di offrire agli studenti uno sguardo internazionale sui diritti umani e sulla cittadinanza globale, si è trasformata in terreno di scontro politico. La reazione del ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara, con l'ordine di ispezioni negli istituti coinvolti, si è basata su accuse diffuse da esponenti di Fratelli d'Italia e attribuite alla relatrice, che i docenti presenti definiscono "totalmente infondate".Secondo tali accuse, Albanese avrebbe definito il governo italiano "complice del genocidio", etichettato l'azienda Leonardo come "criminale" e invitato gli studenti a "occupare le scuole per Gaza". Da queste affermazioni sono nate accuse di "indottrinamento" e "istigazione a reato", rivolte persino a studenti di seconda media.Tuttavia, dalle testimonianze dei docenti e dalla documentazione dell'iniziativa emerge un quadro completamente diverso: l'incontro era parte di un'attività curricolare di educazione civica, legata alla presentazione di un libro, si è svolto in modo trasparente e non conteneva alcun invito all'occupazione né imposizioni politiche nei confronti degli studenti.Le ispezioni attivate dal ministero sulla base di accuse infondate creano un precedente preoccupante: suggeriscono che la scuola possa essere controllata non per ciò che fa realmente, ma per ciò che qualcuno decide politicamente. Mandano un messaggio ai docenti, secondo cui ospitare figure internazionali critiche può comportare rischi, e agli studenti, ai quali viene implicitamente indicato che il confine di ciò che si può discutere non è stabilito dalla Costituzione, ma dal governo.In questo contesto, l'Associazione Mycelium esprime piena solidarietà alle scuole coinvolte, ai docenti e agli studenti, e interviene come presidio di tutela della libertà educativa e dei diritti costituzionali. Riteniamo necessario prendere posizione di fronte a un'azione istituzionale che rischia di comprimere l'autonomia scolastica e il diritto al pensiero critico, trasformando il confronto educativo in oggetto di controllo politico.Davvero parlare di diritti umani e della loro tutela può essere considerato "indottrinamento", mentre diventa normale accettare contenuti bellici o processi di militarizzazione nelle scuole senza alcun dibattito critico? Questa contraddizione mostra quanto sia urgente riaffermare la scuola come luogo di formazione libera e responsabile.La Costituzione, attraverso l'articolo 33, garantisce la libertà di insegnamento e l'autonomia scolastica. La scuola deve restare uno spazio in cui si ascoltano voci diverse, anche scomode, perché solo così si forma il pensiero critico. L'intervento di una relatrice ONU rientra pienamente in questi obiettivi, offrendo agli studenti strumenti di comprensione del diritto internazionale, del funzionamento delle organizzazioni globali e delle sfide legate alla tutela dei diritti umani.Le accuse mosse ad Albanese appaiono sproporzionate: criticare governi o settori industriali nell'ambito del diritto internazionale non significa istigare, ma svolgere una funzione istituzionale. Quanto al presunto invito all'occupazione, non esiste alcun riscontro in testimonianze o documenti: si tratta di un'accusa politica, non di un fatto verificato.Il caso Albanese non riguarda solo ciò che è stato detto o meno, ma ciò che rivela: il tentativo di limitare ciò che può entrare in una scuola sulla base della compatibilità politica anziché della qualità didattica. Se discutere di diritti umani diventa "indottrinamento", qualsiasi contenuto critico rischia la censura. Una scuola che teme il confronto non educa: obbedisce.Per questo chiediamo il ritiro delle ispezioni e il ripristino di un clima scolastico fondato sulla libertà educativa. La scuola deve rimanere un laboratorio in cui pensare, interrogare la realtà e comprendere ciò che accade oltre i confini nazionali, non un luogo di punizione per il dissenso o di scoraggiamento del dibattito. uesta vicenda non è isolata, ma rappresenta un indicatore dello stato della nostra società. Una scuola libera e autonoma è il fondamento di una comunità giusta. Difendere oggi la libertà educativa significa costruire domani una società più consapevole e responsabile.
ed ecco le dicharazioni di Presidio permanente per la Palestina Massa:
L’interpellanza parlamentare dell’onorevole Amorese e l’impostazione politica del ministro Valditara rappresentano un atto grave e deliberato di intimidazione nei confronti della scuola pubblica e del corpo docente. Non è pluralismo, non è tutela: è controllo ideologico.
In questo quadro si colloca l’attacco a Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i Territori Palestinesi Occupati, che ha pieno titolo giuridico e istituzionale per parlare di genocidio del popolo palestinese, sulla base del diritto internazionale, delle Convenzioni ONU e delle pronunce della Corte Internazionale di Giustizia, che ha tra l’altro imposto misure urgenti allo Stato di Israele.
Mettere in discussione la legittimità della sua parola significa colpire l’autonomia del sapere, delegittimare le istituzioni internazionali e negare l’esistenza stessa di un diritto internazionale vincolante. È un atto politico gravissimo.
Chi oggi tenta di zittire Albanese lo fa per un motivo preciso: perché le sue analisi chiamano in causa le responsabilità politiche e militari del governo israeliano e del suo primo ministro, Benjamin Netanyahu, oggetto di procedimenti e accuse internazionali per crimini gravissimi. Questo non è “odio”, non è antisemitismo: è esercizio del diritto, è analisi giuridica, è verità documentata.
Criticare uno Stato, un governo e un’ideologia politica non significa colpire un popolo o una religione. Usare l’accusa di antisemitismo per silenziare il dissenso è una pratica pericolosa e offensiva, che svuota di significato la lotta reale contro l’odio antiebraico.
Difendere Francesca Albanese significa difendere la scuola pubblica. Difendere l’autonomia dell’insegnamento significa difendere la democrazia.
Per questo esprimiamo piena e incondizionata solidarietà alla comunità scolastica colpita: ai docenti, agli studenti e alle studentesse, alle loro famiglie e a tutte e tutti coloro che, ogni giorno, resistono ai tentativi di censura, intimidazione e controllo ideologico.









