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   Anno XI 
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Scritto da Vinicia Tesconi
Parliamone
10 Giugno 2025

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"Se la mia nonna aveva le ruote, era una carriola” dice un vecchio adagio che sembra cogliere perfettamente il senso della polemica sulle ipotetiche trasposizioni in termini di voto politico, a livello locale, dei risultati del referendum dell’8 e 9 giugno. I social, ahimè, nella loro capacità di laureare istantaneamente chiunque nella qualunque, hanno sfornato, come ultimo parto, una serie di sedicenti esperti di statistica che hanno tentato di dimostrare  che la sconfitta  del centro sinistra nel referendum su lavoro e cittadinanza, sia, in realtà, la dimostrazione di una sicura, annunciata vittoria alle prossime elezioni politiche e amministrative. Ora, è noto che, alla fine di ogni tornata elettorale, ascoltando i commenti di tutti i rappresentanti politici, quasi mai si trova qualcuno che ammetta la sconfitta e che faccia una minima autoanalisi di ciò che ha sbagliato, per cui il risultato finale all’orecchio di uno spettatore, anche molto interessato, è che abbiano sempre vinto tutti. I numeri, del resto, offrono visioni prospettiche in centomila dimensioni e nel mazzo, quella che, isolata dal contesto, confermi un’inesistente vittoria la si trova sempre. E, appunto, brandendo numeri e vantando superiori conoscenze statistiche,  novelli analizzatori Istat hanno sciorinato calcoli che dimostrerebbero che il numero dei votanti all’ultimo referendum a Carrara e in Toscana  sancisce la vittoria e la riconferma del centrosinistra. Tutto, però,  parte dall’assunto “Se mia nonna aveva le ruote era una carriola”. Già, perché un referendum, per sua natura, non è una votazione politica – per quanto i fautori dello stesso, ovvero Pd, 5 Stelle e Cgil abbiano fatto di tutto per convincere i loro elettori a ritenerlo tale-; perché nell’istituto del referendum creato da chi- con immensa saggezza- scrisse la Costituzione italiana è giustamente contemplata la libertà di non recarsi alle urne quando non se ne condividano i contenuti; perché i quesiti che pone un referendum sono trasversali alle idee politiche che si esprimono in circostanza di elezioni governative a qualunque livello. Perché non basta mettere due ruote a una nonna per farla diventare una carriola. Il  dato principale in un referendum è il quorum, cioè la soglia prevista dalla legge che, in Italia deve essere del 50 per cento più uno. Ed è profondamente giusto perché il referendum è espressione diretta della volontà popolare e da quando il popolo scelse Barabba si è capito che è meglio porre una soglia davvero alta per cambiare la legge in base alla richiesta del popolo. Poi, è vero che, da anni i referendum in Italia risultano nulli per il numero insufficiente di votanti, ma, forse, una certa responsabilità, il poco interesse connesso ai quesiti o una loro pessima formulazione, ce l’hanno. Quando le domande sono state veramente importanti per la vita delle persone, alle urne ci sono andati tutti: repubblica, divorzio, aborto perché, come  canta Francesco De Gregori: “E poi la gente (perché è la gente che fa la storia),quando si tratta di scegliere e di andare, te la ritrovi tutta con gli occhi aperti, che sanno benissimo cosa fare: quelli che hanno letto milioni di libri e quelli che non sanno nemmeno parlare; ed è per questo che la storia dà i brividi, perché nessuno la può fermare…”. E allora la polemica social sui significati reconditi del risultato del referendum fa  sentire troppo il graffio delle unghie  sul bicchiere di vetro che si vuole vedere per forza mezzo pieno, e che lo è, forse, solo perché l’altra metà la si è bevuta, ed era sicuramente qualcosa di forte, perché ogni dissertazione parte con duemila variabili ipotizzate che non hanno modo di essere verificate. Ammettendole tutte, allora, i numeri si piegano al risultato che vogliamo e un referendum ignorato per cronico, drammatico disinteresse popolare, per ignoranza di troppi e anche, soprattutto,  per mancanza di condivisione di tutti o di alcuni dei quesiti posti, diventa motivo di incomprensibile esultanza. Il gioco all’analista statistico più bravo comunque ha visto  posizioni contrapposte: “Gli aventi diritto al voto in Italia sono poco più di 47 milioni. Il 30 per cento di 47 e circa 14 milioni. Il voto è un voto di centro sinistra, in quanto il centro destra si è astenuto, seguendo il suggerimenti di  tutti i suoi leader, che  hanno invitato a disertare le urne. Alle ultime politiche (nel 2022) hanno votato circa il 64 per cento degli aventi diritto, cioè circa 30 milioni di italiani. Il centrodestra ha preso circa il 41 per cento dei voti, vale a dire circa 12,3 milioni di voti. Per cui, fermo restando che il centrodestra sia fermo sul suo risultato, e che la percentuale di votanti rimanga invariata, il centro destra avrebbe un deficit di circa 1,7 milioni di voti”.  E per contro: “I 5 quesiti sul referendum non hanno raggiunto il quorum del 50 per cento, un dato politico inequivocabile da cui però si può trarre nelle sue peculiarità locali un’analisi più specifica anche in vista delle elezioni amministrative del 2027, dove è probabile che il centro sinistra  ed il movimento 5 stelle come in questa  occasione si presenteranno dalla stessa parte. A Carrara i votanti si sono fermati al 33,5 per cento, in linea con  Massa e ben al di sotto del dato regionale, fermo al 39 per cento. Il dato diventa ancora più preoccupante quando si verificano gli esiti dei quesiti referendari, se sui temi del lavoro che devono essere guardati più dal punto di vista del merito visto e considerato il trasversale contrasto al jobs act c’è stato un esito di 90 a 10, ciò che davvero deve preoccupare il centro sinistra è il risultato del quesito 5 sulla cittadinanza, un tema decisamente più politico e rappresentativo delle idee degli elettori. Infatti, nonostante un’ampia astensione delle forze alternative al centrosinistra, a fronte di un convinto sostegno di quest’ultimo, i sì si sono fermati a 10405 a fronte di 5335 no: è chiaro quindi che da qui si possa cogliere un dato politico locale importante. Il centrosinistra ha perso un significativo consenso di opinione rispetto al secondo turno delle ultime amministrative e lo ha perso sui temi più ideologici. In definitiva; come farà  un elettore contrario all’ampliamento della cittadinanza a ritrovarsi sui temi politici così tanto spinti in tre anni e mezzo di amministrazione Arrighi? Come farà un progetto politico che si presenterà in continuità con l’attuale amministrazione a discostarsi dai temi più ideologici avanzati, oltre che dal sindaco anche dalla sinistra radicale e dal m5s? Come farà a recuperare consensi e raggiungere un lontano 50 per cento? Lo scollamento è evidente. A un anno esatto dall’avvio della campagna elettorale, la partecipazione al voto su un tema simbolico e centrale per una parte politica segnala qualcosa di più profondo: la fiducia e l’interesse verso questa amministrazione si stanno progressivamente spegnendo”. Al netto di ogni sfera di cristallo restano poi  i fatti, banali, pratici, storici: il referendum su lavoro e cittadinanza non ha raggiunto il quorum. Le leggi relative non si cambieranno.

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