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Scritto da Redazione
Politica
30 Giugno 2020

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In vista dell’approvazione prevista nel consiglio comunale del 2 luglio, Legambiente Carrara esprime la propria valutazione, fortemente negativa, dei PABE e del Regolamento agri marmiferi:

"Giovedì 2 luglio 2020 in Consiglio Comunale andranno in approvazione atti fondamentali per la città: PABE (Piani attuativi dei bacini estrattivi), Regolamento per la concessione degli agri marmiferi, attività di ricognizione degli agri marmiferi (documento quest’ultimo non ancora reso pubblico).

Si è così conclusa un’intera fase storica di completa revisione della normativa sul marmo, partita con il PIT-Piano Paesaggistico che aveva aperto grandi speranze e proseguita con il Piano Regionale Cave, i PABE e il Regolamento.

La nostra Associazione aveva presentato, durante la fase di stesura dei PABE e del Regolamento, una serie di contributi, articolati e approfonditi, che tuttavia non sono stati recepiti nelle versioni adottata (PABE) o resa pubblica (Regolamento). Abbiamo in seguito avanzato osservazioni puntuali a entrambi i documenti. Al momento, non sappiamo se qualcuna delle nostre proposte sia stata accolta. Ce lo auguriamo, ma le premesse non fanno ben sperare. Il giudizio, che esprimiamo di seguito, si basa dunque sulla versione dei PABE adottata e sull’ultima stesura nota del Regolamento.

Il risultato è una vera delusione epocale: la lobby del marmo ha dimostrato di tenere saldamente in pugno, culturalmente e operativamente, l’amministrazione regionale e comunale, indipendentemente dal colore politico.

Il nostro giudizio su questi atti normativi –puntuale, approfondito e durissimo– è stato più volte espresso nell’audizione in commissione marmo, negli incontri pubblici e in numerosi documenti (scaricabili da https://www.legambientecarrara.it/category/temi-locali/marmo/cave/).

Ci saremmo infatti aspettati che questa amministrazione disciplinasse l’estrazione del marmo, bene comune della collettività, assicurandosi di ricavarne il massimo dei benefici per i cittadini (occupazione ed entrate comunali) e che riducesse al minimo i danni all’ambiente prodotti dalla lavorazione (marmettola nei fiumi e nelle sorgenti, rischio alluvionale, eccessiva produzione di detriti, danno paesaggistico).

Così non è stato. Le scelte compiute nel Regolamento e nei PABE, infatti, rivelano che la bussola utilizzata non è stata l’interesse della comunità, che resta solo come mera affermazione di principio, ma la subordinazione agli interessi degli imprenditori locali, proseguendo nelle scelte già operate dalle precedenti amministrazioni.

È stato così ridotto il requisito autorizzatorio della resa minima in blocchi, aumentando la percentuale di detriti ammissibile; sono state confermate le aree estrattive precedenti, comprese le cave che da 15 anni producono oltre il 90% di detriti; sono stati rarefatti e resi ancor meno stringenti i controlli; per le cave esistenti, inoltre, sono stati introdotti vari meccanismi per prorogare l’autorizzazione fino a 25 anni, evitando così la gara pubblica; analoghi meccanismi premiali sono stati introdotti anche per prolungare la durata della concessione, da 13 anni fino a 25.

La gara pubblica (resa obbligatoria dalla normativa europea) è stata così depotenziata dal ricorso al principio-guida di garantire la rendita di posizione, favorendo concessioni di lunga durata e assicurando la prosecuzione dell’attività anche alle cave con elevate produzioni di detriti.

In particolare, il combinato disposto del mancato potenziamento della filiera locale e della spaventosa percentuale di detriti considerata ammissibile, prefigura per Carrara uno scenario occupazionale e ambientale disastroso: la trasformazione delle attività estrattive in distretto minerario di tipo coloniale in cui la distruzione ambientale della montagna è accompagnata dalla lavorazione in loco dei derivati di scarso valore e scarsa occupazione (scaglie) mentre vengono esportati i blocchi e, con essi, la gran parte del valore aggiunto e delle ricadute occupazionali.

Infatti:

  1. Occupazione: la misura fondamentale per ottenere un rilevante incremento sul territorio dell’occupazione è rilasciare le concessioni d’escavazione solo ad imprese che assicurino la lavorazione in loco di percentuali elevate di blocchi, riducendone drasticamente l’esportazione. È dunque particolarmente grave non aver fissato un requisito minimo di lavorazione in loco (noi abbiamo proposto il 50%).
  1. Inaccettabile aumento della percentuale di detriti ammissibile: la bozza di Regolamento, pur dichiarando di favorire l’utilizzo razionale e sostenibile del marmo, persegue l’obiettivo opposto. Accetta, infatti, di mantenere in produzione cave con una resa in blocchi del 20% e l’80% di detriti, spingendosi addirittura oltre, escludendo dal calcolo della resa i detriti derivanti da lavori preparatori e quelli utilizzati per il riempimento delle gallerie, avvicinandosi così a considerare accettabili anche cave di soli detriti.
  1. Tutela di fiumi e sorgenti: l’art. 1 del Regolamento dichiara, tra le finalità, la tutela delle risorse idriche superficiali e sotterranee, grazie all’adozione delle migliori pratiche atte ad evitare il loro deterioramento. Purtroppo, però, non prevede alcuna norma volta a tal fine: le “migliori pratiche” previste restano quindi quelle attuali, palesemente inadeguate a tutelare sorgenti e fiumi, come constatabile a occhio nudo dopo ogni pioggia. Anche questa scelta, dunque, conferma la volontà dell’amministrazione di anteporre gli interessi degli industriali a quelli della comunità.
  1. Insensibilità al rischio alluvionale generato dalle cave: tra le finalità dichiarate dall’art. 1, ma prive di concreti riscontri nell’articolato, vi è la salvaguardia della salute e della sicurezza delle popolazioni.

Anche in questo caso, i PABE mostrano piena consapevolezza del rischio alluvionale indotto dalle cave ma, nel chiaro intento di non arrecare disturbo agli industriali, adottano misure minimali e respingono quelle sostanziali. In particolare, non sono state accolte le nostre proposte di convertire i ravaneti attuali in ravaneti spugna e di ordinare la rimozione dei detriti dalle cave a fossa (utilizzate come discariche) per sfruttarle come invasi di laminazione delle piene.

Nonostante le alluvioni che hanno colpito Carrara, l’amministrazione mostra dunque una spiccata insensibilità al problema, accontentandosi di delegarlo interamente alla regione.
Di fatto, pertanto, siano esse intenzionali o meno, le scelte compiute nel Regolamento e nei PABE vanno in direzione radicalmente opposta agli interessi della comunità carrarese".

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