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Scritto da Cesare Micheloni
Politica
27 Novembre 2024

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La sanità italiana, sempre più simile a un malato cronico, affronta oggi sfide tanto gravi quanto irrisolte. Si passa dalla gestione superficiale delle risorse al dramma globale dell’antibiotico-resistenza, il tutto condito da un sistema che predica equità, ma affonda nell’inefficienza. Il recente sciopero dei medici dell’ospedale delle Apuane contro la manovra del Governo Meloni, sembra essere l’ennesima prova di un sistema incapace di affrontare le sue stesse contraddizioni. E mentre si sventolano bandiere per il Servizio Sanitario Nazionale, le falle diventano sempre più visibili. Il caso del Delle Apuane mette in evidenza una contraddizione palese: da un lato, si possono acquistare camere private di lusso a pagamento; dall'altro, molti pazienti non hanno accesso a spazi adeguati per la degenza. La disponibilità di stanze singole non rappresenta solo una questione di dignità, ma anche un fondamentale elemento di prevenzione sanitaria. Insomma: se hai i soldi, il tuo comfort (e non solo) è assicurato, altrimenti, arrangiati.

Già dieci anni fa, l'oncologo Umberto Veronesi sottolineava l'importanza di strutture ospedaliere capaci di garantire una camera singola per ogni paziente, insieme alla possibilità di ricevere visite dai propri cari in ogni momento della giornata. “Anche questa è etica. Anche questo serve a guarire. Costa, ma serve,” affermava Veronesi, evidenziando come il benessere psicologico e ambientale contribuisca al processo di guarigione. La protesta del 20 novembre, guidata dal dottor Bianchini, è stata annunciata come un grido di allarme per il SSN, ma non si può ignorare il tempismo “curioso” di questo improvviso attivismo. Va inoltre sottolineato che, se da una parte il dottor Bianchini, capogruppo della lista Arrighi in consiglio comunale, si accorge solo ora dei tagli alla sanità, dall’altra sembra evitare di prendere coscienza del fatto che molte delle anomalie nella gestione sanitaria locale siano da attribuire alla Regione Toscana, da sempre a guida  del centro sinistra,  responsabile di scelte discutibili e carenze strutturali mai affrontate. Questa doppia veste, medica e politica, alimenta dubbi sull'effettiva coerenza delle posizioni espresse e pone in discussione la genuinità della protesta, percepita da alcuni come tardiva o strumentale. Pertanto, è lecito chiedersi: la levata di scudi di Bianchini è davvero motivata dall’amore per la sanità pubblica o è una mossa politica? Perché il silenzio quando i problemi erano già evidenti?

Non si può ignorare che la sanità toscana sia stata per decenni un terreno di governo del Partito Democratico, che ha detenuto saldamente le redini delle politiche sanitarie regionali. Una gestione che, se da un lato ha garantito un servizio sanitario di buon livello in passato, oggi mostra preoccupanti segni di cedimento, tra tagli, inefficienze e scelte discutibili. Non è un caso che molte delle criticità segnalate nel sistema sanitario locale trovino le loro radici in decisioni prese a livello regionale, con scarsa attenzione alle esigenze reali del territorio apuano.  A rendere la situazione ancora più complessa, emerge il doppio ruolo ricoperto da molti medici e operatori sanitari, che sono al contempo dipendenti delle ASL e figure politiche. Questo intreccio alimenta dubbi sull’imparzialità delle loro azioni e sull’effettiva priorità data alla salute pubblica rispetto a logiche di partito o di opportunismo personale. Un caso emblematico a Carrara è quello della vicesindaca Roberta Crudeli, che ricopre anche  carica di assessore alla sanità ed è dipendente dell’azienda sanitaria locale. Questa doppia veste pone interrogativi rilevanti: come si possono separare gli interessi di un dipendente pubblico dal ruolo politico in un ambito così delicato come la sanità? E, soprattutto, quanto queste sovrapposizioni contribuiscono a perpetuare un sistema inefficiente, dove responsabilità e interessi personali si mescolano?

È importante ricordare che il territorio apuano è stato scenario di veri e propri scandali: il buco nero della ASL di Massa-Carrara: 400 milioni di euro spariti, e ancora nessuno ne risponde. Il monoblocco ospedaliero inspiegabilmente chiuso e i container per gli ambulatori: una scelta scellerata, e una soluzione temporanea che, come spesso accade in Italia, rischia di diventare definitiva. Promesse mai mantenute: Casa della Salute e scuola infermieri di Avenza, progetti annunciati e dimenticati. Distretti sanitari degradati: specchio perfetto dell’abbandono territoriale. 

Se guardiamo oltre i confini di Massa-Carrara, la situazione non migliora. L’Italia è leader (in negativo) in Europa per i decessi causati dall’antibiotico-resistenza. Con 35.000 morti all’anno, il nostro Paese registra un terzo delle vittime totali europee. Gli ospedali italiani sono un terreno fertile per infezioni nosocomiali: nel 2022-2023, l’8,2 per cento dei pazienti ricoverati ha contratto un’infezione in ospedale, ben sopra la media europea del 6,5 per cento. Sarebbe utile approfondire i dati relativi alle strutture sanitarie pubbliche della nostra provincia. Le cause? Consumo spropositato di antibiotici, infrastrutture fatiscenti e un approccio sistemico che fa acqua da tutte le parti. Eppure, non si vedono piani concreti per contrastare questa crisi, mentre i costi economici e sociali aumentano. Se non si agirà subito, entro il 2050 l’antibiotico-resistenza potrebbe superare i tumori come prima causa di morte in Italia. Ma, a quanto pare, ci si preoccupa più di fare proclami che di intervenire.

Con un finanziamento alla sanità pari a meno del 6 per cento del PIL, l’Italia spende meno della metà di quanto destinano Francia e Germania allo stesso settore. Questo dato sarebbe già allarmante di per sé, ma diventa grottesco se si considera come vengono utilizzati quei fondi: sprechi, cattiva amministrazione e progetti incompiuti sono all’ordine del giorno. E, nel frattempo, chi soffre sono i cittadini, intrappolati in liste d’attesa infinite e costretti, sempre più spesso, a rivolgersi al privato.

Lo sciopero dei medici del Delle Apuane poteva essere un segnale forte. Poteva rappresentare l’inizio di una vera battaglia per il diritto alla salute. Ma, con queste premesse, è difficile non vedere una certa strumentalizzazione politica e un’ipocrisia di fondo. Se davvero si vuole salvare il Servizio Sanitario Nazionale, servono azioni concrete, non proclami tardivi e silenzi strategici. Il futuro della sanità italiana e apuana, dipenderà dalla capacità di affrontare, senza più scuse, i problemi strutturali e gestionali che la affliggono. I cittadini sono stanchi di pagare il prezzo di un sistema che sembra non avere né memoria né visione. La domanda resta: c’è ancora speranza per un cambiamento reale, o siamo destinati a continuare a curare le ferite senza mai guarire davvero?

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