Luigi Donini era uno speleologo bolognese di San Lazzaro di Savena, morto tragicamente a soli 24 anni, nel 1966, per aver salvato la vita a suoi quattro amici che erano rimasti intrappolati nella grotta di Roncobello nei pressi di Bergamo. Le ricerche di Donini e la sua tragica fine diedero vita al Soccorso alpino speleologico, nato proprio in conseguenza dell’incidente nella grotta di Roncobello. Sempre a Donini e a un gruppo di studiosi e speleologi che negli anni sessanta combatterono contro l’escavazione selvaggia del gesso nelle colline bolognesi, che ne minava il patrimonio naturale di rara bellezza, si devono la nascita e la tutela del Parco dei Gessi bolognesi, oggi patrimonio UNESCO. Alla sua vita e alla storia del drammatico salvataggio dei suoi amici è dedicato il libro “L’eco delle mie parole”, edito da Milieu Edizioni e scritto da Francesco Aloe, ex assessore del comune di San Lazzaro e autore di vari romanzi, tra i quali anche il fortunato romanzo d’inchiesta sulla strage del Moby Prince, Il vento porta farfalle o neve. Conosciuto per la sua scrittura intensa e ricca di suggestioni emotive, ha conquistato pubblico e critica. Nei suoi lavori si intrecciano sempre elementi reali e tensioni narrative, storie personali e contesti storici, con una forte attenzione all’impegno civile e alla dimensione umana. Per “L’eco delle mie parole”, Aloe ha rintracciato e intervistato i quattro superstiti del salvataggio del 1966 ed ha ricostruito la storia del periodo, in un mix di fiction e cronaca da cui ha tratto anche un docufilm. Nel racconto dell’amore di Luigi Donini per le montagna e le grotte compaiono anche le Alpi Apuane e l’Antro del Corchia, luoghi visitati e studiati dallo speleologo. L’eco delle mie parole, uscito il 4 aprile, è racconto di formazione, amore e lotta, ispirato a una storia vera. Una storia che cresce tra colline e grotte, dove il confine tra la paura e il coraggio si fa sottile come il silenzio della terra. “L’eco delle mie parole” è un romanzo sulla memoria, sulla natura e sulla forza visionaria di chi lotta per ciò che ama, ambientato in un'Italia che si riscopre viva nei sogni di pochi, tra ostacoli, silenzi e resistenze.
La storia comincia a Bologna nel 1952: Pietro e Giovanni, due amici entrambi di dieci anni, escono in bicicletta e non fanno ritorno a casa. Le loro madri allertano i carabinieri di San Lazzaro e inizia subito la ricerca nei campi, nei boschi e nel Parco dei Gessi; ricerca che andrà avanti per tutta la notte. Nessuno lo sa, ma durante la loro escursione in bici nell’enorme parco in collina, non lontano dal paese, Giovanni è precipitato in una voragine causata dagli scavi per l’estrazione del gesso, rompendosi una gamba. Nel tentativo di aiutarlo, Pietro scende nella voragine ma rimane anche lui intrappolato. Andrea, fratello di Giovanni, e altri due compagni proveranno a salvarli. Quattordici anni dopo, un incidente simile coinvolgerà lo stesso gruppo di amici. Tra questi due eventi si inserisce una vita, quella di Pietro, che ha come riferimento principale l’amore. L’amore per Lucia, che vuole diventare la prima speleologa italiana, imponendosi in un ambiente all’epoca “vietato alle ragazze”. L’amore per il sottosuolo e la terra, per quella bellezza che rimane spesso celata agli occhi, ma che lui sente di poter afferrare e condividere col mondo. Pietro è un visionario, è uno che crede nelle discese impossibili anche se si porta sempre addosso una prudente paura di non farcela. Sarà questa paura del vuoto, di qualcosa che non riesce a controllare, a condurlo a scelte estreme.









