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Scritto da Redazione
Politica
02 Novembre 2020

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Venne istituita nel 1919, esattamente a un anno di distanza dalla pubblicazione dell’armistizio di Villa Giusti  con il quale venne sancita, di fatto, la fine della prima guerra mondiale e, in buona sostanza, la vittoria  dell’esercito italiano. Da 1919, quindi, il 4 novembre divenne per tutto il paese: la Festa della Vittoria, festa nazionale con uffici e scuole chiuse e lo rimase per moltissimi anni. Fu l’unica festa celebrata prima, durante e dopo il ventennio fascista e una delle festività nazionali più amate dagli italiani, complice forse il comodo ponte lungo di inizio novembre che regalava. Per decenni fu il giorno in cui i reduci della prima guerra mondiale – i molti Cavalieri di Vittorio Veneto, protagonisiti della battaglia finale con cui l’esercito italiano vendicò la disfatta di Caporetto di un anno prima e costrinse gli austriaci alla resa – si ritrovavano in pranzi sociali offerti loro dallo stato. E sebbene quel pranzo fosse un risarcimento  colpevolmente misero  per ciò che avevano patito  nelle trincee sul Carso e sulle Dolomiti, specialmente a fronte della presa in giro di una polizza d’indennizzo garantita a tutti i soldati tornati a casa dal fronte, pagata però senza tenere conto di oltre cinquant’anni di inflazione, il 4 novembre era, per tutti gli “ ex ragazzi” che avevano vinto la guerra, la sola giornata in cui vedevano un minimo di senso e riconoscimento per l’impresa che avevano compiuto.  Per i pochi di loro ancora in vita la scelta fatta nel 1977 di trasformare il 4 novembre in festa delle Forze Armate fu un autentico dispiacere. Per le generazioni successive il ricordo della “ vittoria”, anche per colpa di questa decisione dello stato, divenne sempre più labile fino a scomparire del tutto. E per quanto sia vero che le guerre non siano mai un evento da commemorare, è altrettanto vero che non si dovrebbero mai dimenticare le persone che quelle guerre sono state costrette a combatterle, specialmente quando il loro sacrificio ha portato benefici alle generazioni venute dopo di loro. Carrara fu una delle città italiane che diede il più alto numero di soldati  alla prima guerra: l’esperienza dei cavatori nel costruire sentieri nella roccia li rese particolarmente preziosi per l’esercito  stanziato sulle montagne del Trentino e del Friuli. Ed anche il tributo in vite umane, per la ancor più  piccola Carrara di cent’anni fa, fu molto grande: oltre mille ragazzi  non fecero ritorno. Un ‘intera generazione  di carrarini cancellata, alla quale, tuttavia, da decenni, ormai, non viene reso alcun tributo neppure nell’unico giorno “ in parte” a loro dedicato.

A far presente questa mancanza “ morale” è stato il coordinatore comunale di Fratelli d’Italia Lorenzo Baruzzo che si è rivolto al sindaco Francesco De Pasquale per chiedere una commemorazione ufficiale con deposizione di una corona davanti al monumento degli Alpini che si trova in piazza Don Dario Fazzi a Fossone: “Il prossimo  4 novembre – ha scritto Baruzzo - si celebrerà il centounesimo anniversario della “ Giornata dell’Unita’ Nazionale e delle Forze Armate” che fu istituita nel 1919 per commemorare la vittoria italiana nella prima guerra mondiale contro l’invasore  austro ungarico, evento bellico considerato completamento del processo di unificazione risorgimentale e difesa dei confini nazionali. In relazione a ciò, la invitiamo pertanto a voler commemorare , a nome della cittadinanza tutta, degnamente tale anniversario,  con la deposizione di una corona di fiori  a Fossone, presso il monumento agli Alpini, che rappresentano le Forze Armate e che sono stati e sono un baluardo a difesa dell’unità nazionale e della democrazia, contribuendo con un enorme sacrificio di sangue alla vittoria nella prima guerra mondiale.

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