Ci sono momenti in cui le parole faticano a descrivere l'intensità delle emozioni. Questa mattina, presso l'Istituto Penale per Minorenni di Pontremoli, si è svolta la proiezione del cortometraggio "Io Dea", un progetto del Ministero della Giustizia - Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, nell'ambito del progetto meMora, realizzato dall'Associazione LA POLTRONA ROSSA ETS in collaborazione con la campagna "in-ritati in Catarsi". Non è stata una semplice proiezione. È stata un'esperienza che ha toccato le corde più profonde dell'anima di tutti i presenti, un viaggio attraverso la fragilità e la forza della condizione umana, raccontato attraverso gli occhi e le mani di giovani donne che stanno affrontando uno dei percorsi più difficili della loro vita. Tra i presenti all'evento, particolare rilievo ha avuto la partecipazione del Dottor Cosimo Maria Ferri, magistrato originario proprio di Pontremoli, già tre volte Sottosegretario di Stato alla Giustizia (dal 2013 al 2018), che ha dedicato anni del suo impegno istituzionale proprio alla giustizia minorile, rappresenta una figura di riferimento fondamentale nel processo di modernizzazione e umanizzazione del sistema penale minorile italiano. La sua presenza a Pontremoli, nella sua città natale, accanto a queste giovani ragazze, conferma una coerenza di vita e di valori che lo ha sempre contraddistinto.Durante il suo mandato come Sottosegretario, il Dottor Ferri si è battuto instancabilmente per promuovere un modello di giustizia minorile orientato al recupero, alla rieducazione e al reinserimento sociale, contribuendo a fare del sistema italiano uno dei più avanzati e rispettosi dei diritti dei minori a livello internazionale. La sua visione di una giustizia che non si limita a punire ma che si fa carico della responsabilità educativa verso i ragazzi in difficoltà è perfettamente incarnata in progetti come "Io Dea". Grande apprezzamento è stato espresso per il lavoro della Dottoressa Francesca Capore, Direttrice dell'Istituto Penale per Minorenni di Pontremoli, la cui straordinaria visione e sensibilità hanno reso possibile questa iniziativa. Dirigere un istituto penitenziario minorile non significa soltanto garantire sicurezza e rispetto delle regole, ma soprattutto credere nella possibilità di riscatto, nel potere trasformativo dell'educazione, dell'arte e della cultura.La Dottoressa Capore ha dimostrato ancora una volta che dietro ogni giovane vita, anche quando segnata da errori e sofferenze, c'è un potenziale immenso da valorizzare, una dignità da preservare, un futuro da costruire. Il suo impegno quotidiano nel creare opportunità di crescita e di espressione per le ragazze ospiti dell'istituto rappresenta un esempio luminoso di come le istituzioni possano e debbano essere agenti di cambiamento e di speranza.Un riconoscimento speciale merita l'Associazione LA POLTRONA ROSSA ETS e tutti coloro che hanno reso possibile questo progetto straordinario. Portare il cinema, l'arte, la creatività all'interno di un istituto penitenziario significa offrire strumenti di libertà interiore dove la libertà fisica è temporaneamente negata. Significa dare voce a chi spesso non ha voce, visibilità a chi è invisibile agli occhi della società.
Il progetto ha saputo cogliere l'essenza più autentica della condizione giovanile femminile all'interno del circuito penale, trasformando il dolore in bellezza, la detenzione in possibilità di rinascita.Ma il plauso più grande va alle *giovani protagoniste di questo cortometraggio. Ragazze che, nonostante tutto, hanno avuto il coraggio di mettersi in gioco, di aprire il proprio animo, di condividere la propria vulnerabilità davanti a una telecamera e, questa mattina, davanti a un pubblico.Ogni loro sguardo, ogni gesto, ogni parola pronunciata davanti all'obiettivo è stato un atto di coraggio immenso. Le giovani detenute hanno regalato emozioni autentiche, pure, senza filtri. Hanno fatto commuovere i presenti, hanno stimolato profonde riflessioni, hanno alimentato la speranza. Hanno mostrato che dietro uno sbaglio, dietro una condanna, ci sono storie di fragilità umana, sogni infranti ma non spenti, desideri di riscatto e di normalità.Vedere questi volti giovani, questi corpi che si muovono tra la realtà della detenzione e l'immaginazione della libertà, decorati con fiori colorati che simboleggiano rinascita e speranza, è stato come assistere a un miracolo silenzioso. Il miracolo di chi, pur essendo caduto, trova la forza di rialzarsi. Il miracolo di chi, pur essendo giudicato dalla società, non smette di cercare la propria identità e la propria "divinità" interiore – quella "Dea" che il titolo del cortometraggio evoca.Queste ragazze hanno regalato emozioni che difficilmente saranno dimenticate. Hanno insegnato che il coraggio non è l'assenza di paura, ma la capacità di essere autentici nonostante la paura. Hanno ricordato a tutti i presenti che la bellezza può nascere anche nei luoghi più impensati, che la speranza può germogliare anche nel terreno più arido. Questo progetto evidenzia una verità fondamentale: l'arte salva. La cultura salva. L'educazione salva. Non sono slogan, ma realtà concrete emerse dall'esperienza di questa mattina. Quando si offre a un giovane la possibilità di esprimersi, di creare, di raccontarsi, gli si sta offrendo molto più di un'attività: gli si sta offrendo la possibilità di ricostruire la propria identità, di riconnettersi con la parte migliore di sé, di immaginare un futuro diverso.Il cortometraggio "Io Dea" è la prova tangibile che anche nei luoghi più difficili, anche nelle situazioni più complicate, può germogliare bellezza. E questa bellezza non è estetica fine a se stessa, ma è bellezza redentrice, bellezza che cura, che trasforma, che restituisce dignità.L'iniziativa di oggi dimostra quanto sia cruciale lavorare sulla prevenzione, sul recupero, sul reinserimento sociale dei giovani in difficoltà. Progetti come questo insegnano che la giustizia non può essere solo punitiva, ma deve essere soprattutto riparativa, educativa, trasformativa.Il sostegno del Ministero della Giustizia attraverso il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità dimostra che quando le istituzioni credono nel valore dell'educazione e della cultura come strumenti di recupero, i risultati possono essere straordinari."Io Dea" non è solo il titolo di un cortometraggio. È un manifesto di autodeterminazione, un grido di rinascita, un invito a guardare oltre le apparenze, oltre le etichette, oltre i pregiudizi. È il riconoscimento che ogni ragazza, ogni ragazzo, anche quando sbaglia, anche quando cade, porta dentro di sé una scintilla divina che aspetta solo di essere riaccesa.
L'evento di questa mattina ha lasciato in tutti i presenti la certezza che nessuno è irrecuperabile, che ogni persona merita una seconda possibilità, che dietro ogni sbaglio c'è sempre una possibilità di redenzione. Le giovani protagoniste hanno ricordato che la vera forza non sta nel non cadere mai, ma nel sapersi rialzare ogni volta, e che anche quando tutto sembra perduto, c'è sempre una dea dentro ognuno di noi che aspetta di rinascere.









