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   Anno XI 
Domenica 14 Settembre 2025
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Scritto da Vinicia Tesconi
Cultura
12 Settembre 2025

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La professoressa Luigina Mortari, direttrice scientifica dell’edizione 2025 di Con-vivere dedicata al tema “Plurale”, ha aperto la manifestazione con uno dei convegni più interessanti e seguiti della storica manifestazione carrarese, che festeggia i suoi 20 anni. Un’ appassionata, interessante e coinvolgente lectio magistralis che non ha lasciato neanche un minuto di noia al foltissimo pubblico, che ha letteralmente riempito corso Rosselli, sede di uno dei palchi del Festival. L’intervento della professoressa Mortari, come da tradizione ha seguito l’inaugurazione ufficiale del festival,  che ha visto sul palco  la coordinatrice  del festival Emanuela Mazzi, il presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, Enrico Isoppi, il sindaco di Carrara Serena Arrighi e la giornalista de La Nazione Cristina Lorenzi che ha introdotto gli ospiti e presentato la professoressa  Mortari. Alla presenza di tutte le autorità locali e dei sindaci di molti comuni della provincia di Massa Carrara, a cominciare dal sindaco di Massa Francesco Persiani, di molti assessori e consiglieri del comune di Carrara e dei rappresentanti delle associazioni culturali del territorio, il presidente Isoppi ha ringraziato tutti i fautori del Festival, dagli organizzatori agli sponsor, ed ha ricordato le figure del professor Remo Bodei e dell’avvocato Alberto Pincione che furono tra i fondatori del Festival Con-vivere, vent’anni fa. Isoppi ha, poi, sottolineato il valore del concetto di “Plurale” per una convivenza pacifica fra gli uomini. Sul senso del tema si è soffermata anche Emanuela Mazzi che ha spiegato come la scelta della parola “Plurale” sia derivata da un concetto della filosofa Anna Arendt, che vedeva nella pluralità un carattere deontologico per gli uomini e la considerava l’antidoto alla barbarie. Il sindaco Arrighi ha chiuso gli interventi inaugurali, ricordando che il Festival è una grande occasione per la città che coinvolge giovani, commercianti e cittadini e che, nell’edizione in corso, spinge  a una importante riflessione incentrata sul senso della pluralità come insieme di singole individualità che hanno, però, tutte bisogno degli altri.

Ma ad accendere la platea sono state le parole della professoressa Luigina Mortari, docente di Epistemologia della ricerca qualitativa presso Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università di Verona e Fenomenologia della cura presso il dipartimento di Scienze umane, sempre nell’università di Verona. I concetti di cura, sapienza e politica sana sono stati al centro della ricerca professionale ed umana della professoressa Mortari, che ha approfondito  il tema dell’edizione  2025 di Con-vivere. “Il concetto di pluralità sta in stretta connessione col tema della vita pubblica – ha detto la professoressa Mortari -  Hannah Arendt  ha scritto, nel suo libro The human condition,  che ‘la pluralità è la legge della terra’, facendo riferimento alle parole di Socrate nel Teeteto di Platone, con le quali il filosofo greco spiega che pensare è realizzare un dialogo silenzioso tra se stessi e la propria anima. Un’operazione fondamentale perché quando si pensa, ci si pongono domande e ci si  danno delle  risposte  e quindi si apre la coscienza etica  che era il fondamento della polis greca. Pensare è dunque mettersi in discussione internamente ed è un atto basilare”. La professoressa Mortari ha spiegato, poi, la necessità della pluralità per tutta la durata dell’esistenza degli uomini che, al contrario,  inizia e finisce nella solitudine totale: “Nasciamo e moriamo da soli, ma per dare un senso alla vita abbiamo bisogno degli altri. Il nostro compito è dare forma alla vita, che, spesso, è molto difficile, tanto che ci sono momenti in cui non sappiamo che fare.  E “che fare?” è la domanda essenziale che dimostra che siamo chiamati ad agire e a interagire con gli altri”. La professoressa Mortari ha concentrato il focus del suo intervento su alcuni concetti socratici come la saggezza dell’umano che comprende la sapienza dell’umano tra sé e sé,  e che significa coltivare un ‘anima tenera e pura  e la sapienza politica che è fatta di virtù. “Le virtù fondamentali secondo Socrate sono quattro e  la più importante di tutte  è il rispetto, perché senza rispetto non c’è modo di costruire una comunità umana. Il rispetto implica il dialogo, cioè il capire l’altro e il trovare una soluzione per vivere pacificamente insieme. Socrate smonta, poi, il concetto già diffuso nell’antica Grecia che per essere vincenti bisogna essere ingiusti ed esprime il suo concetto in una sorta di preghiera contenuta  nel Fedro di Platone, in cui chiede agli dei di avere tutte le cose di cui ha bisogno, ma nulla in più del necessario, cioè di non volere di più a scapito degli altri. Un’altra virtù è la generosità intesa come la capacità di condividere le proprie risorse con gli altri,  altro concetto alla base dell’esistenza di una comunità: se qualcuno soffre non c’è comunità. Un’altra virtù, ancora, è l’amicizia, che nell’antica Grecia era considerata base per l’esistenza della polis e che presuppone il concetto di concordia. Il bene è dove le persone hanno dei legami di amicizia e questa è la virtù in assoluto più difficile. Secondo Aristotele l’amicizia è la capacità  di volere il bene dell’altro, senza cercare niente per sé stessi.   L’amicizia ha bisogno di un pensiero franco, di dire la verità  e non di  compiacere l’altro  perché  in questo modo non si mettono le fondamenta di legame vero. L’amico non è mai adulatore perché adulare è ingannare e non  realizza il bene”. Passando  dal De ufficiis di   Cicerone e dal concetto di dire la verità con dolcezza,  per fare in modo  che questa passi e permetta all’altro di rilanciare il dialogo, la professoressa Mortari si è avviata alla conclusione  con l’importanza di poter imparare la sapienza politica che è fatta di virtù attraverso l’esempio  delle persone che incarnano le virtù e che trasmettono la verità con la coerenza tra i loro atti e le loro parole: “Le virtù si possono imparare ma non esistono manuali scientifici in cui poterle studiare. E’ l’esemplarità della vita che ci consente di vedere incarnate le virtù perché la verità è qualcosa che si fa cioè deriva dalla coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa. E  in questo senso, il lavoro dell’insegnante è il più importante, perché ha a possibilità di essere un esempio per i suoi alunni”. In chiusura, il concetto socratico di cura dell’anima perché la politica è educazione dell’anima: quando una persona si raccoglie in se stessa a pensare a ciò che si è, a ciò che si vuole essere e a quali implicazioni hanno i propri desideri. Quando si riesce a capire che seguire indiscriminatamente ciò che si desidera apre la strada all’individualismo che è il male dei nostri tempi, mentre perseguire desideri che fanno contemporaneamente il nostro bene e quello degli altri porterebbe a uno stile di vita in cui si può vivere tutti insieme in concordia”. Significativo l’intervento finale della professoressa Mortari sulla scuola italiana: “Nella scuola italiana di oggi si usano  le prove standardizzate, delle quali, un importante studio americano, ha mostrato i grandi limiti perché prevedono di misurare le capacità degli studenti solo dentro una determinata cornice e finalizzano tutto lì, senza  sviluppare le altre capacità. In Italia si insiste  tanto su questa misurazione di apprendimenti che sono concettuali. C’è  la forte ossessione di credere che la scuola troppo presto debba occuparsi del mondo del lavoro, ma le competenze concettuali tra qualche anno non saranno più quelle di cui hanno bisogno gli studenti che, invece, necessitano di competenze di ragionamento. Quindi la scuola potente è quella che sviluppa le capacità di ragionamento, che sviluppa il metodo di apprendere, che sviluppa le capacità di descrivere, argomentare, narrare, fare sperimentazione, che svillupa, in sintesi,  le abilità del pensare.  In Italia manca una scuola che sviluppi tutte le potenzialità: i bambini e i ragazzi a scuola stanno per ore e ore nei banchi, lontano dal mondo reale della vita. Una scuola  buona è quella che diversifica i contesti di apprendimento e che non li costringe sempre a fare le stesse cose. C’è poi un’abilità forte che noi dimentichiamo che è quella manuale che ha un riflesso fortissimo sui neuroni e che oggi non viene più attrezzata, né sviluppata come se fosse una capacità di minor conto perché si pensa che contino solo le teorie. Ma se le teorie non sono radicate nell’esperienza, sono parole vuote. La scuola italiana rischia di essere una scuola vuota. I ragazzi a scuola si stancano perché, da un lato, una buona base di contenuti li apprendono per altre strade, dall’altro avrebbero bisogni di altri contesti che li coinvolgono attivamente. Papa Francesco aveva avviato in Argentina l’esperienza del Service Learning, cioè di scuole che  portavano gli studenti fuori, nel territorio per favorire lo sviluppo di un apprendimento che porta a conquiste intellettuali, cognitive e affettive molto forti e produce anche qualcosa di positivo per la comunità. I nostri giovani non hanno radicamento nelle città e li stiamo perdendo.  Quindi la scuola italiana è un sistema che va ripensato per poter sviluppare tutte le potenzialità che ha la mente. I Greci parlavano di dunamis, cioè di potenza, ma se questa non viene nutrita, implode”. Appalusi.

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