Due città lontane, Carrara e Milano, si trovano ad affrontare situazioni che, a prima vista, sembrano diverse, ma hanno in comune problemi di sicurezza e un clima di divisione sociale. Da una parte ci sono cittadini che chiedono interventi concreti per migliorare la loro vita quotidiana, dall'altra istituzioni che, spesso, rispondono con accuse o retorica, senza risolvere nulla. Ad Avenza, una tranquilla richiesta di maggiore sicurezza si è trasformata in un vero e proprio scontro tra cittadini e istituzioni. Alcuni residenti, stanchi di convivere con furti, risse e degrado, hanno chiesto il ritorno di un presidio della Polizia Municipale. Ma durante l’inaugurazione di un pseudo sportello per la comunità dominicana, la sindaca Serena Arrighi ha bollato queste richieste come razziste. Risultato? Una comunità già fragile si è spaccata ancora di più. Michela e Adelmo, due cittadini del quartiere, si sono sentiti offesi dalle parole della sindaca e hanno deciso di portare la questione in tribunale. Michela spiega che per lei la sicurezza è una questione universale, non di colore della pelle, mentre Adelmo, con un passato nella sinistra, si sente tradito da una politica che non riconosce più. Secondo Avenza R-Esiste, il problema vero è l’uso di accuse come quella di razzismo per zittire chi solleva questioni legittime. Questo modo di fare non solo non aiuta a risolvere i problemi, ma impedisce un confronto costruttivo. A Milano, nel quartiere Corvetto, il disagio sociale è sfociato in violenza. Dopo la morte di Ramy Elgaml durante un inseguimento con i carabinieri, il quartiere è diventato teatro di scontri tra giovani, per lo più immigrati o figli di immigrati, e forze dell’ordine. Bottiglie lanciate, incendi e tensioni hanno trasformato le strade in un campo di battaglia. Ma la rabbia non nasce dal nulla. Corvetto è uno dei tanti quartieri delle grandi città italiane dove degrado, disuguaglianza, tensioni etniche, e marginalizzazione creano un terreno fertile per lo scontro. Qui i sogni di integrazione si scontrano con la dura realtà di una vita difficile, tra precarietà e abbandono. Che sia ad Avenza o al Corvetto, il tema di fondo è lo stesso: le persone vogliono sentirsi al sicuro, vivere in quartieri decorosi e avere opportunità per il futuro. Avenza chiede più presenza delle forze dell’ordine, ma anche la riqualificazione di spazi abbandonati come il Centro Culturale Amendola e l’ex mercato coperto. Al Corvetto, invece, la richiesta di sicurezza è legata a un bisogno di giustizia sociale, per dare ai giovani una prospettiva diversa dalla rabbia e dalla violenza. Un problema trasversale, però, è l’uso del moralismo per silenziare i “nemici” e chi chiede aiuto. Ad Avenza si parla di razzismo, a Milano di violenza giovanile, ma in entrambi i casi manca la volontà di ascoltare davvero. Le accuse e le etichette non fanno altro che alimentare divisioni, trasformando ogni dibattito in uno scontro tra fazioni. Le soluzioni non possono limitarsi a più polizia o retorica vuota. Serve un approccio che unisca sicurezza immediata e interventi strutturali: riqualificazione degli spazi, lotta alla povertà e creazione di opportunità per i giovani. Solo così si può sperare di ridurre il divario tra cittadini e istituzioni e affrontare il disagio sociale alla radice. Avenza R-Esiste lo ribadisce chiaramente: non basta parlare di giustizia e diritti, bisogna agire concretamente. Se chi governa non ascolterà le richieste dei cittadini, il rischio è quello di una frattura sempre più profonda e difficile da sanare.