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Scritto da Redazione
Politica
25 Gennaio 2023

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Legambiente di Carrara scrive al sindaco Serena Arrighi affinché si attivi nel presentare i dati sui quantitativi annui di materiali estratti da ciascuna cava dal 2005 al 2022 e tutta la documentazione dei progetti presentati dalle cave per poter usufruire del prolungamento dell’autorizzazione all’escavazione previsto dall’art. 21 del Regolamento agri marmiferi per le cave che si impegnano a realizzare progetti di interesse pubblico. La lettera, fa sapere il presidente Mariapaola Antonioli a due richieste di accesso agli atti già presentate all’amministrazione comunale.

Nel dettaglio Legambiente denuncia prima di tutto le resistenze incontrate negli anni sulla trasparenza dei dati  e chiede all’amministrazione in carica di rilasciare i dati sui quantitativi di materiali estratti dalle cave, contrassegnando queste ultime con il loro nome o il numero di cava ufficiale. “È dal 2006  - spiega Antonioli – che chiediamo alle diverse amministrazioni succedutesi, che sul mondo delle cave venissero dissipate le nebbie che sembrano ancora avvolgere un mondo che, invece, proprio per la sua natura pubblica dovrebbe essere più che limpido”.

Dopo l’iniziale diniego a rilasciarci i dati relativi alle quantità escavate da ciascuna cava (resa in blocchi, produzione di scaglie, detriti e terre) – continua la presidente di Legambiente – che ci ha costretto a rivolgerci al difensore civico e a presentare un esposto alla Procura delle Repubblica, i dati ci sono stati consegnati, ma in forma “anonima”. Le cave sono state cioè contrassegnate con un numero di fantasia (mutevole di anno in anno) al fine di impedire l’identificazione delle cave che non rispettavano le regole e costringendoci pertanto a chiedere ogni volta anche lo storico di tutti gli anni precedenti”.

Questa pratica opaca che vede nella partecipazione di cittadini e associazioni un fastidioso ostacolo (anziché un prezioso contributo di analisi e proposta) è proseguita fino all’anno scorso – denuncia Maria Paola Antonioli - . Le amministrazioni precedenti hanno sempre obiettato che una pubblicazione “vera” dei dati sull’escavazione sarebbe stata in contrasto con le norme sulla privacy, dimenticando però che il GDPR (regolamento europeo per la tutela dei dati) si riferisce ai dati personali delle persone fisiche ma non si estende alle persone giuridiche, come le società. Ma non è solo questo il punto: il fatto è che i dati in questione non hanno nulla di “personale”, prima di tutto perché riferiti ad attività di impresa (anche nel caso in cui il titolare della cava sia una persona fisica o ditta individuale) ma soprattutto perché si riferiscono allo sfruttamento di un bene pubblico come le cave. D’altro canto le imprese sono, per legge, sottoposte all’obbligo di pubblicare i propri “dati” –compresi i propri bilanci– che sono liberamente accessibili, ad esempio con una semplice visura camerale. Se dunque sono pubblici perfino i bilanci, non si comprende perché mai dovrebbero essere considerati riservati i dati sui materiali estratti”.

A questa richiesta si  aggiunge quindi quella relativa ad una piena pubblicazione dei progetti presentati dalle imprese per accedere ai benefici dell’art. 21. “Ad oggi – spiega – sono usciti solo “i titoli” o al più qualche riga riassuntiva”.

Non vogliamo riproporre in questa sede le forti obiezioni che abbiamo manifestato sull’art. 21 in sé (che di fatto lascia agli imprenditori la valutazione di quale sia l’interesse generale e di quali progetti presentare) –dichiara Antonioli e sul regolamento applicativo (che non prevede né consultazione pubblica né pubblicità delle sedute della Commissione giudicatrice). Continuiamo, comunque, a coltivare l’illusione che il Consiglio Comunale possa rimettere mano a questa normazione; ma, allo stato dell’arte, una cosa può e deve essere fatta: i progetti siano resi conoscibili a tutti nei loro dettagli. Per due motivi: prima di tutto perché sono funzionali ad ottenere un beneficio (il prolungamento temporale delle concessioni) su un bene pubblico come le cave; poi perché, se è vero che –per regolamento– si tratta di «progetti di interesse generale per il territorio che, attraverso nuovi investimenti, siano in grado di generare un impatto positivo sull’occupazione, sull’ambiente e sulle infrastrutture» è più che legittimo che la collettività sia in grado di maturare una propria fondata opinione circa la sussistenza o meno di un effettivo “interesse generale”".

Certo – conclude la presidente di Legambiente Carrara – avevamo anche proposto che le valutazioni dei progetti non fossero assegnate ad una “commissione tecnica” ma fossero quanto meno precedute da forme partecipative e di dibattito pubblico: non siamo stati ascoltati da chi ha approvato –nella precedente consigliatura– regolamento e disciplina di attuazione ma adesso, per lo meno, speriamo di venire ascoltati in questa basilare richiesta di trasparenza. Perché non c’è partecipazione senza trasparenza e non c’è democrazia senza partecipazione”.

 

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