Le piogge degli ultimi giorno hanno di nuovo messo in ginocchio il nostro territorio. Le frane sulle colline del Candia, nei pressi del paese di Altagnana, nei pressi del paese di Vietina sopra Montignoso, nella zona di Ca' di Cecco, gli allagamenti nella zona di Poveromo con il Fescione quasi esondato, la caduta di alberi sulla via della Foce che ha interrotto il transito tra Massa e Carrara, hanno di nuovo portato alla luce quanto il nostro territorio sia fragile e in quanto tale da curare.Fortunatamente raccontiamo solo di danni alle cose, ma l'intelligenza dovrebbe portarci a pensare che non sempre può andare per il meglio.
Così come non possiamo continuare a pensare di vivere eternamente nell'emergenza e mettere in campo azioni dopo che il danno si è presentato: oltre a costare molto di più alla collettività ci troviamo continuamente a rimediare, mettere toppe, fin quando dureranno. La logica vorrebbe invece che si applicassero pratiche quotidiane di prevenzione, buone pratiche di cura del territorio che tengano conto della sua fragilità idrica e geomorfologica.Prima fra tutti l'applicazione del principio consumo zero di suolo. Ogni ipotesi di ulteriore cementificazione delle aree libere porta immancabilmente a spostare i flussi d'acqua da altre parti. Ecco che si allagano cantine, si allagano giardini e si spostano i flussi d'acqua che erodono volta dopo volta terreni che, prima o poi, franano.Eppure questa che sembrerebbe essere una pratica banale e semplice da applicare è completamente dimenticata dalle amministrazioni comunali che continuano a presentare piani urbanistici di cementificazione, salvo poi vedere ritratti i sindaci sui luoghi del "delitto" con le giacche della protezione civile a testimoniare la loro presenza. Dovrebbero non indossarla mai quella giacca, significherebbe che l'opera di prevenzione che hanno messo in atto ha funzionato.Per questo come Dipartimento Ambiente del Partito della Rifondazione Comunista di Massa Carrara lanciamo un appello alle amministrazioni, di qualsiasi colore siano. Accantonate ogni progettualità urbanistica che preveda la cementificazione del suolo, la sua impermeabilizzazione e la sua copertura. Invertiamo la tendenza funesta a costruire ad ogni corso. Un ettaro di suolo impermeabilizzato costa alla comunità circa 100'000 euro all'anno. Risparmiamo questi soldi e liberiamo quel suolo dove le coperture non hanno più senso, liberiamoci dalla cultura della speculazione edilizia che ha contribuito non poco a rendere pericoloso vivere in collina, in montagna, le aree basse della nostra provincia. I cambiamenti climatici ci impongono questa scelta se vogliamo lasciare qualcosa in eredità alle future generazioni.